Mariastella Iervasi - Giornalista de L'Unità
La sua casa è come se fosse la sua scuola. I bambini di Pietralata, oggi adulti, bussano alla sua porta. Gli alunni di Bagni di Tivoli non perdono un compleanno; alcune insegnanti sarde gli chiedono consigli per fermare la Gelmini. L’altro giorno, nello studio-salotto dell’appartamento al 3 ̊ piano non distante dal centro termale di Tivoli, è «salita» anche l’Università Roma Tre: il professore Fabio Bocci del corso di laurea in Scienze della Formazione primaria e Giammarco Bonavolontà del laboratorio di tecnologie audiovisive del Dipartimento progettazione educativa e didattica. Ne è nata una video-intervista, nell’ambito del progetto «Conversando con...». E lui, il protagonista: Albino Bernardini, 91 anni, maestro unico da Lula (Sardegna) alla borgata romana sulla Tiburtina, che la scuola l’ha rivoluzionata sul serio, non si tira mai indietro. «L’elementare di oggi è meravigliosa e la Gelmini fa piangere tutti. Che impressione terribile mi ha fatto la sua riforma! - sottolinea -. Avevo sentito parlare di Don Gelmini ma di questa Mariastella che è andata a Reggio Calabria per conquistarsi un posto in giurisprudenza... Devo proprio scrivere a questa ministra che non sa nulla di scuola».
Albino Bernardini nasce il 18 ottobre del 1917 a Siniscola, in provincia di Nuoro, da papà Venerando, esattore fiscale e mamma Giulia, casalinga. Dodici i fratelli in famiglia: sette maschi e cinque femmine. Per comprendere l’attualità della militanza pedagogica del maestro sardo ecco brevi cenni biografici. Bernardini frequenta le elementari a Nuoro, poi a Chiavari (Genova) consegue la licenza di un corso triennale. Quindi rientra in Sardegna e si iscrive all’istituto magistrale. Ma dopo qualche anno, per ragioni di famiglia, si ritira e si dedica all’allevamento delle api fino a quando non lo chiamano soldato: partecipa alle campagne di Albania, Grecia e Yugoslavia. Poi l’8 settembre fugge, diserta. Da tale esperienza nascerà in seguito: «Disavventure di un povero soldato», un libro denuncia contro la stupidità di tutte le guerre dedicato agli adolescenti.
È a partire dagli anni del dopoguerra che Bernardini si dedica interamente alla scuola: prima in terra di Barbagia a Bitti e Lula, poi dal 1960 si trasferisce nei pressi di Roma dove inizia un nuovo capitolo della sua vita. Entra a far parte del Movimento di cooperazione educativa (Mce) dove, tra gli altri, conosce e diventa amico del poeta e scrittore per bambini Gianni Rodari. Discepolo del francese Freinet e dello svizzero Jean Piaget, è l’inventore della trovata didattico-educativa «Storie senza finale»: ovvero, racconti e favole che non vengono conclusi per dare modo ai piccoli lettori di inventarsi un finale tutto loro. Ha collaborato con vari quotidiani, tra i quali l’Unità, Paese Sera e l’Unione Sarda. Con l’avvento di Internet il sito: www.albinobernardini.it si apre così: «Cari ragazzi, inviatemi i vostri commenti, i vostri racconti i vostri disegni». Negli anni il maestro di Pietralata ha ricevuto più di 15mila lettere dai bambini di tutt’Italia. Ha visitato centinaia di scuole di tutte le regioni della Penisola e anche all’estero. Ha ricevuto decine di premi e riconoscimenti. È presidente della giuria del Premio nazionale di letteratura infantile Sardegna.
L’ultima cattedra del maestro in una classe, a Bagni di Tivoli. Dal 1977 «mastru Al- bino» è andato in pensione. Ma è come se la scuola non l’avesse mai lasciata. Da quando la moglie Vincenza è scomparsa, è la nipote Giuliana detta «Lalla» a prendersi cura di lui e della sua casa. È lei che prende gli appuntamenti e sorveglia gli ospiti per non far stancare troppo il maestro. I meriti e i successi di Albino Bernardini sono noti a tutti. A lui si deve la fine dell’uso dei metodi repressivi nelle classi: ha insegnato ai bambini ma anche ai grandi che con la bacchetta non si ottiene nulla, da qui il successo letterario «Le bacchettate di Lula». Proprio dalla sua Sardegna, Bernardini sferrò infatti un duro attacco ai metodi scolastici violenti che opprimevano la libertà degli alunni, iniziando a coinvolgere i genitori a scuola. È stato insomma l’anticipatore di quella gestione collegiale che poi la politica istituzionalizzò. Ma non solo. Mastru Albino ha contribuito a colmare il vuoto pedagogico della scuola post-bellica - insieme a figure come Gianni Rodari, Bruno Ciari, Mario Lodi, Dina Berto- ni Jovine - rivoluzionandola dal di dentro: insegnò agli alunni difficili il rispetto dell’uo mo e li aiutò a trasmettere la giusta ribellione. Come racconta il libro autobiografico «Un anno a Pietralata» (1968)che il regista Vittorio De Seta ha trasformato nel film: «Diario di un maestro», con Bruno Cirino (fratello del più noto Paolo Cirino Pomicino) nel ruolo di protagonista. Uno sceneggiato mandato in onda dalla Rai negli anni Settanta che riuscì ad incollare davanti al teleschermo, in ogni puntata, oltre 8 milioni di spettatori. Altro che i voti in condotta e i grembiulini della Gelmini.
Casa Bernardini è come se fosse una grande scuola. Le foto dei suoi alunni sono ovunque, accanto ai disegni dei nipoti e ai quadri che lo ritraggono al fianco del sindaco Walter Veltroni - era il 24 maggio del 2004 e «Mastru Albino» tornò alla «Giorgio Perlasca» di Pietralata a distanza di 44 anni d’insegnamento. O l’anno successivo all’Università a Cagliari, in occasione della laurea honoris causa in Scienze dell’educazione. Ma Bernardini dottore non vuole essere proprio chiamato. Continua a occuparsi di scuola ma è molto amareggiato. «Non è una riforma questa è un tagliare le fonti che noi abbiamo creato», commenta riprendendo il discorso sulla Gelmini. «Questa donna vuol portare la scuola indietro, si è arrogata questo diritto con l’appoggio di Berlusconi. Ma come si fa a pensare ancora al maestro uni- co... Io purtroppo lo sono stato, ma ho sempre sostenuto che c’è bisogno degli altri colleghi, della compresenza in classe, per andare avanti». Il professor Bocci insiste, vuole sapere dal Maestro che idea si è fatto della riforma Gelmini; della proposta della Lega sulle classi ponte per bambini immigrati, se è utile il ritorno alla pagella decimale e il voto in condotta contro il bullismo. «La scuola e l’Università servono per illuminare le menti - spiega il maestro di Pietralata -. La rivoluzione a scuola di certo non si fa con i tagli». E sulle classi differenziali per bimbi stranieri: «Non sono d’accordo - sottolinea il maestro unico di Pietralata -. I bambini stranieri non riescono a parlare quando sono soli, riescono invece immediatamente a capire una parola quando sentono parlare i compagni di banco». Infine i grembiulini e i voti in pagella: «I miei alunni i grembiulini lo avevano già, ma non era un’imposizione, serviva per dare l’idea della classe. Ho avuto tanti bambini difficili nelle mie classi ma non ho mai pensato di domarli con il voto in condotta. No, non è così che si combatte il bullismo».
La video-intervista termina qui. Presto, la voce e l’esperienza pedagogica del maestro di Pietralata arricchirà il curriculm di studio delle matricole e gli studenti di Scienze del- la Formazione primaria
Albino Bernardini nasce il 18 ottobre del 1917 a Siniscola, in provincia di Nuoro, da papà Venerando, esattore fiscale e mamma Giulia, casalinga. Dodici i fratelli in famiglia: sette maschi e cinque femmine. Per comprendere l’attualità della militanza pedagogica del maestro sardo ecco brevi cenni biografici. Bernardini frequenta le elementari a Nuoro, poi a Chiavari (Genova) consegue la licenza di un corso triennale. Quindi rientra in Sardegna e si iscrive all’istituto magistrale. Ma dopo qualche anno, per ragioni di famiglia, si ritira e si dedica all’allevamento delle api fino a quando non lo chiamano soldato: partecipa alle campagne di Albania, Grecia e Yugoslavia. Poi l’8 settembre fugge, diserta. Da tale esperienza nascerà in seguito: «Disavventure di un povero soldato», un libro denuncia contro la stupidità di tutte le guerre dedicato agli adolescenti.
È a partire dagli anni del dopoguerra che Bernardini si dedica interamente alla scuola: prima in terra di Barbagia a Bitti e Lula, poi dal 1960 si trasferisce nei pressi di Roma dove inizia un nuovo capitolo della sua vita. Entra a far parte del Movimento di cooperazione educativa (Mce) dove, tra gli altri, conosce e diventa amico del poeta e scrittore per bambini Gianni Rodari. Discepolo del francese Freinet e dello svizzero Jean Piaget, è l’inventore della trovata didattico-educativa «Storie senza finale»: ovvero, racconti e favole che non vengono conclusi per dare modo ai piccoli lettori di inventarsi un finale tutto loro. Ha collaborato con vari quotidiani, tra i quali l’Unità, Paese Sera e l’Unione Sarda. Con l’avvento di Internet il sito: www.albinobernardini.it si apre così: «Cari ragazzi, inviatemi i vostri commenti, i vostri racconti i vostri disegni». Negli anni il maestro di Pietralata ha ricevuto più di 15mila lettere dai bambini di tutt’Italia. Ha visitato centinaia di scuole di tutte le regioni della Penisola e anche all’estero. Ha ricevuto decine di premi e riconoscimenti. È presidente della giuria del Premio nazionale di letteratura infantile Sardegna.
L’ultima cattedra del maestro in una classe, a Bagni di Tivoli. Dal 1977 «mastru Al- bino» è andato in pensione. Ma è come se la scuola non l’avesse mai lasciata. Da quando la moglie Vincenza è scomparsa, è la nipote Giuliana detta «Lalla» a prendersi cura di lui e della sua casa. È lei che prende gli appuntamenti e sorveglia gli ospiti per non far stancare troppo il maestro. I meriti e i successi di Albino Bernardini sono noti a tutti. A lui si deve la fine dell’uso dei metodi repressivi nelle classi: ha insegnato ai bambini ma anche ai grandi che con la bacchetta non si ottiene nulla, da qui il successo letterario «Le bacchettate di Lula». Proprio dalla sua Sardegna, Bernardini sferrò infatti un duro attacco ai metodi scolastici violenti che opprimevano la libertà degli alunni, iniziando a coinvolgere i genitori a scuola. È stato insomma l’anticipatore di quella gestione collegiale che poi la politica istituzionalizzò. Ma non solo. Mastru Albino ha contribuito a colmare il vuoto pedagogico della scuola post-bellica - insieme a figure come Gianni Rodari, Bruno Ciari, Mario Lodi, Dina Berto- ni Jovine - rivoluzionandola dal di dentro: insegnò agli alunni difficili il rispetto dell’uo mo e li aiutò a trasmettere la giusta ribellione. Come racconta il libro autobiografico «Un anno a Pietralata» (1968)che il regista Vittorio De Seta ha trasformato nel film: «Diario di un maestro», con Bruno Cirino (fratello del più noto Paolo Cirino Pomicino) nel ruolo di protagonista. Uno sceneggiato mandato in onda dalla Rai negli anni Settanta che riuscì ad incollare davanti al teleschermo, in ogni puntata, oltre 8 milioni di spettatori. Altro che i voti in condotta e i grembiulini della Gelmini.
Casa Bernardini è come se fosse una grande scuola. Le foto dei suoi alunni sono ovunque, accanto ai disegni dei nipoti e ai quadri che lo ritraggono al fianco del sindaco Walter Veltroni - era il 24 maggio del 2004 e «Mastru Albino» tornò alla «Giorgio Perlasca» di Pietralata a distanza di 44 anni d’insegnamento. O l’anno successivo all’Università a Cagliari, in occasione della laurea honoris causa in Scienze dell’educazione. Ma Bernardini dottore non vuole essere proprio chiamato. Continua a occuparsi di scuola ma è molto amareggiato. «Non è una riforma questa è un tagliare le fonti che noi abbiamo creato», commenta riprendendo il discorso sulla Gelmini. «Questa donna vuol portare la scuola indietro, si è arrogata questo diritto con l’appoggio di Berlusconi. Ma come si fa a pensare ancora al maestro uni- co... Io purtroppo lo sono stato, ma ho sempre sostenuto che c’è bisogno degli altri colleghi, della compresenza in classe, per andare avanti». Il professor Bocci insiste, vuole sapere dal Maestro che idea si è fatto della riforma Gelmini; della proposta della Lega sulle classi ponte per bambini immigrati, se è utile il ritorno alla pagella decimale e il voto in condotta contro il bullismo. «La scuola e l’Università servono per illuminare le menti - spiega il maestro di Pietralata -. La rivoluzione a scuola di certo non si fa con i tagli». E sulle classi differenziali per bimbi stranieri: «Non sono d’accordo - sottolinea il maestro unico di Pietralata -. I bambini stranieri non riescono a parlare quando sono soli, riescono invece immediatamente a capire una parola quando sentono parlare i compagni di banco». Infine i grembiulini e i voti in pagella: «I miei alunni i grembiulini lo avevano già, ma non era un’imposizione, serviva per dare l’idea della classe. Ho avuto tanti bambini difficili nelle mie classi ma non ho mai pensato di domarli con il voto in condotta. No, non è così che si combatte il bullismo».
La video-intervista termina qui. Presto, la voce e l’esperienza pedagogica del maestro di Pietralata arricchirà il curriculm di studio delle matricole e gli studenti di Scienze del- la Formazione primaria