Albino Bernardini, il famoso maestro di Pietralata, è il più grande scrittore italiano per ragazzi. Non solo in senso anagrafico. Nato a Siniscola, in provincia di Nuoro, il 18 ottobre 1917, vive a Bagni di Tivoli da quando si trasferì nel continente (come dicono ancora oggi i sardi) negli anni Sessanta. Nonostante le sue instabili condizioni di salute, segue e commenta con appassionata lucidità le vicende politiche nazionali e internazionali e continua a dedicarsi alla letteratura con lo stesso vigore creativo di un tempo. Il romanzo appena uscito dalle stampe “Eppure gli volevo tanto bene! Storia di un ragazzo di borgata”, pubblicato dalla casa editrice Kimerik di Patti (pp. 164, euro 12), lo compose nel 1980 e l’abbandonò tra le carte del suo studio, da dove il figlio Francesco (che ha firmato la prefazione) l’ha riesumato, rimettendolo in moto per la pubblicazione. Chi scrive ha avuto il privilegio d’essere stato uno dei primi a leggere il dattiloscritto per prepararne la stesura finale, in nome di un’antica amicizia e di un’affinità intellettuale che ci vede legati da diversi lustri.
L’intreccio del racconto ci riporta alla stagione del migliore Bernardini, scrittore che ha saputo sempre coniugare in modo brillante la sua esperienza di insegnante elementare nelle borgate romane con la sua inventiva rivolta al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Ne sono testimonianza le opere creative seguite a “Un anno a Pietralata” (1968) e a “Una scuola nemica” (1973), recentemente riproposti dall’editrice sarda Ilisso con la prefazione di Tullio De Mauro. Agli stessi anni Ottanta appartengono infatti i racconti di “Bobbi va a scuola” (1981), sceneggiati dalla televisione, “Uno strano compagno di scuola” (1985), “Disavventure di un povero soldato” (1988), “Le avventure di Grodde”, pubblicate nel 1989 dagli Editori Riuniti.
“Eppure gli volevo tanto bene!”si inserisce dunque in una più ampia prospettiva letteraria e pedagogica che fa capo a quel realismo di fondo che caratterizza la narrativa di Bernardini, anche quando sconfina, com’è legittimo che accada, nell’immaginazione. Attraverso una scrittura leggera e saldamente ancorata alla scandaglio psicologico e sentimentale del mondo adolescenziale, lo scrittore ci presenta le travagliate esperienze di un ragazzo di borgata nell’estrema periferia di Roma.Salvatore, questo è il nome del protagonista, racconta in prima persona la sua disastrosa carriera scolastica già alle elementari, i conflitti violenti tra i genitori che giungono infine alla separazione, le prime pericolose amicizie con ragazzi rifiutati anch’essi dalla scuola e ben presto risucchiati dal vortice della devianza e dalle spire della microcriminalità, le prime travolgenti infatuazioni amorose, le esperienze lavorative già in età infantile, fino ai tentativi per risalire la china e collocarsi in modo onesto e autonomo nella difficile società degli adulti. L’arruolamento nei carabinieri e la lotta contro il banditismo sardo nel rischioso sforzo di contribuire all’affermazione della legalità, nonché la parallela maturazione sentimentale al fianco di Mariangela, segneranno la definitiva vittoria sul male e il raggiungimento del tanto agognato traguardo: l’affermazione di sé nel mondo.
“Eppure gli volevo tanto bene!” è dunque un romanzo di formazione ambientato nel sottoproletariato romano, in un contesto sociale precario e difficile fatto di disoccupati, sfrattati e baraccati, in cui la lotta per la sopravvivenza assume spesso connotati violenti. Non mancano nel racconto pagine drammatiche come quelle dedicate all’uccisione dell’amico sedicenne Bastiano nel corso di una rapina a una gioielleria o come quelle altrettanto tese sul brutale omicidio del padre di Salvatore ad opera della sua stessa convivente o, infine, quelle che vedono il protagonista impegnato nei conflitti a fuoco con i banditi diOrgosolo.
Albino Bernardini ci ha regalato un libro antico e attuale nello stesso tempo, ricco di insegnamenti e di delicati sentimenti, che può oggi più che mai aiutarci a comprendere meglio le radici di quella devianza giovanile che tanto preoccupa, nella prospettiva del non facile compito di educare alla legalità. E lo fa da autentico educatore, senza indulgere nella retorica, ma richiamando alle proprie responsabilità innanzitutto la famiglia e la scuola. E poi tutte le altre istituzioni. Senza il consueto scaricabarile!
Gerardo Trisolino
L’intreccio del racconto ci riporta alla stagione del migliore Bernardini, scrittore che ha saputo sempre coniugare in modo brillante la sua esperienza di insegnante elementare nelle borgate romane con la sua inventiva rivolta al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Ne sono testimonianza le opere creative seguite a “Un anno a Pietralata” (1968) e a “Una scuola nemica” (1973), recentemente riproposti dall’editrice sarda Ilisso con la prefazione di Tullio De Mauro. Agli stessi anni Ottanta appartengono infatti i racconti di “Bobbi va a scuola” (1981), sceneggiati dalla televisione, “Uno strano compagno di scuola” (1985), “Disavventure di un povero soldato” (1988), “Le avventure di Grodde”, pubblicate nel 1989 dagli Editori Riuniti.
“Eppure gli volevo tanto bene!”si inserisce dunque in una più ampia prospettiva letteraria e pedagogica che fa capo a quel realismo di fondo che caratterizza la narrativa di Bernardini, anche quando sconfina, com’è legittimo che accada, nell’immaginazione. Attraverso una scrittura leggera e saldamente ancorata alla scandaglio psicologico e sentimentale del mondo adolescenziale, lo scrittore ci presenta le travagliate esperienze di un ragazzo di borgata nell’estrema periferia di Roma.Salvatore, questo è il nome del protagonista, racconta in prima persona la sua disastrosa carriera scolastica già alle elementari, i conflitti violenti tra i genitori che giungono infine alla separazione, le prime pericolose amicizie con ragazzi rifiutati anch’essi dalla scuola e ben presto risucchiati dal vortice della devianza e dalle spire della microcriminalità, le prime travolgenti infatuazioni amorose, le esperienze lavorative già in età infantile, fino ai tentativi per risalire la china e collocarsi in modo onesto e autonomo nella difficile società degli adulti. L’arruolamento nei carabinieri e la lotta contro il banditismo sardo nel rischioso sforzo di contribuire all’affermazione della legalità, nonché la parallela maturazione sentimentale al fianco di Mariangela, segneranno la definitiva vittoria sul male e il raggiungimento del tanto agognato traguardo: l’affermazione di sé nel mondo.
“Eppure gli volevo tanto bene!” è dunque un romanzo di formazione ambientato nel sottoproletariato romano, in un contesto sociale precario e difficile fatto di disoccupati, sfrattati e baraccati, in cui la lotta per la sopravvivenza assume spesso connotati violenti. Non mancano nel racconto pagine drammatiche come quelle dedicate all’uccisione dell’amico sedicenne Bastiano nel corso di una rapina a una gioielleria o come quelle altrettanto tese sul brutale omicidio del padre di Salvatore ad opera della sua stessa convivente o, infine, quelle che vedono il protagonista impegnato nei conflitti a fuoco con i banditi diOrgosolo.
Albino Bernardini ci ha regalato un libro antico e attuale nello stesso tempo, ricco di insegnamenti e di delicati sentimenti, che può oggi più che mai aiutarci a comprendere meglio le radici di quella devianza giovanile che tanto preoccupa, nella prospettiva del non facile compito di educare alla legalità. E lo fa da autentico educatore, senza indulgere nella retorica, ma richiamando alle proprie responsabilità innanzitutto la famiglia e la scuola. E poi tutte le altre istituzioni. Senza il consueto scaricabarile!
Gerardo Trisolino